IN LUCE L’OSCURITÀ VOLGENDO
DANIELA e MARZIA BANCI
PADOVA – GALLERIA CAVOUR
MOSTRA ORAFA
Quale l’oscurità da volgere in luce? Cosa c’è di perduto, o di colpevolmente rimosso, che deve essere recuperato, se di nuovo vogliamo abitare l’Umano? L’abiura di quel principio spirituale che si chiama Europa: questa la risposta che vibra, con la potenza di una profezia, nei manufatti orafi di Daniela e Marzia Banci, esposti dal 4 agosto al 10 settembre nella sala […].
Posto che l’Occidente reca inscritto nel proprio nome il suo stesso destino, v’è, però, tramonto e tramonto: v’è quello che si consuma nell’indifferenza verso gli spasmi dell’epoca che stiamo vivendo e nell’oblio del nostro portante passato; e v’è quello, salvifico, della de-creazione, che si compie attraverso la comprensione di se stessi come Parte e non come Tutto e attraverso la rinuncia di ridurre i molti in una totalitaria, idolatrica Unità – l’antica e sempre nuova tentazione dei costruttori della torre babelica.
Attraverso due distinti percorsi – e come tale inevitabilmente polemici, in aperta e vivificante dialettica tra loro – Daniela e Marzia Banci si interrogano su un’Europa che sembra destinata a concludere il proprio millenario cammino non già con uno schianto, ma in un patetico piagnucolio.
Percorsi distinti che tuttavia principiano dalla terra d’origine delle due artiste, le Marche, e da una città, l’Urbino dei duchi di Montefeltro e della Rovere, che ha segnato una delle ore stellari del mondo occidentale, una città dove il travaglio secolare di una terra, toccato a un certo punto da quello che i Greci chiamavano kairòs, si è agglutinato dando vita a capolavori, dove singoli individui, quasi avvertissero il peso e la seduzione di una chiamata, intrapresero un cammino verso l’immortalità, una città totalmente europea perché ebbe l’ardimento di ripensare la grande tradizione classica per esplorare regioni sconosciute e tentare nuove vie, dimostrando così che comprendere lo spirito dei classici significa diventare noi stessi, a nostra volta, dei classici.
Nella mostra di Daniela e Marzia Banci si avverte questo timbro classico che non è recupero antiquario e polveroso di un maestoso passato da contemplare con paralizzante reverenza, bensì la capacità di essere inattuali, di recuperare, cioè, una grammatica e una sintassi per poter leggere e comprendere di bel nuovo l’Umano in un’epoca che sembra scivolare sempre più nel post-Umano.
Da qui l’accento profetico dei lavori esposti. Profetico, non oracolare. Se l’oracolo è rivelazione di ciò che senza dubbio accadrà perché così è stato deciso in modo irreversibile e inappellabile dal Fato; la profezia, invece, rivela ciò che senza dubbio accadrà, ma che non è necessario che accada. È il paradosso della necessità inadempiuta.
Nel rifiuto della inevitabilità del naufragio – pur, si badi, profetizzata – Daniela e Marzia Banci s’incontrano. Entrambe concludono il loro percorso – ma è una conclusione che moltiplica in realtà i crocicchi da attraversare – con una interrogazione inquieta. I tre Angeli della Trinità di Rublëv, punto di fuga della ricerca di Marzia Banci, ci domandano di vivere il nunc apocalittico, il frammezzo tra il già e il non ancora in cui ci si decide tra l’Umano e l’Inumano; le colonne d’Ercole, rivisitate da Daniela Banci e recanti quali titolo un famoso verso di Orazio volto però come un interrogativo («Domani solcheremo l’ampio mare?») sono come una squilla che chiama alla svolta del tempo.
Nulla è definito nel lavoro di Daniela e Marzia Banci, tutto è ancora conficcato nel rischio, massimamente pericoloso, della scelta. Volgendo, appunto: azione che avviene qui e ora, che è più intima del nostro intimo e dall’esito infermo e insicuro.
I suoi gioielli sono il frutto di riflessioni sui temi fondanti della vita di ciascun essere vivente. Studia i miti gli archetipi, la biologia, la poesia, la teologia, filosofia, architettura, per avere gli opportuni supporti indispensabili a dare espressione alla sue creazioni.
La loro forma è conseguenza di una vita interiore, si relazionano costantemente con l’ambiente o con le persone, con la storia o con un materiale e imprime in loro movimento e dinamicità
Marzia Banci
Daniela Banci