Oceano

17 GIUGNO 2017

Arriva il 17 giugno, giorno che stringe la chiamata alla partenza. È il viaggio dei viaggi, iniziato in montagna con un libro fra le mani perché non ho avuto voglia di uscire di casa, di incontrare nessuno. Ecco che in quel monte senza neve arriva il mare, l’oceano, le balene i galeoni, i cacciatori di balene.

A me è il racconto di Ismaele , Achab e della balena Bianca che ha invogliato a mettermi in viaggio guardando avanti e sono  partita anche dal passato, affidandomi a Cristoforo Colombo , con quel desiderio innato di provare se stessi, con gli altri ,gli oceani e quel che più chiama e “rispondere a se stessi” e partire.

Nessuno me lo chiede, nessuno lo ordina o consiglia ma dentro  la crescita esperenziale bussa e vuole una scelta: non cambiare strada ma percorrerne una  liquida, Oceanica.

Attraversare l’oceano Atlantico

Ho girato intorno all’Atlantico molte volte, è così grande che l’ho trovato lambire  tutte le terre in cui ho messo piede. Da Santo Domingo a Finisterre, mi sono sempre meravigliata della straordinaria occasione che avevo di mettere le mie gambe dentro a quell’acqua oceanica. È l’oceano che ha forma di S, ha quattro masse di acqua ,a nord le acque si muovono in senso orario e a sud in senso antiorario. Sono  su una nave proprio perché voglio attraversarlo. Lui ed io. Non ho da combattere, né la balena, né capitani o eroi. Parto per attraversarlo, apprezzarlo. Non ho fretta! La curiosità mi ha chiamata, ho curiosità e timore. Oggi è il 17 giugno 2017, sento che tutto in me ,il fuori, l’adiacente, è compresso dentro al perimetro della mia pelle. Non ho paura, ho timore reverenziale per l’incontro con Atlante e le sue masse d’acqua .

Lo vedrò dall’alto, poggiando i piedi su una  nave portacontainers.

Meteo ci metterà la sua, Atlante reagirà a modello. Ecco le tre figure Meteo  con Urano e Atlante, a navigarli tutti, tre dee: Florida la Nave cargo, Marzia la temeraria, sulla linea di Gea. Atlante, Atlantico una strada senza traccia. Fino ad oggi potevo parlare di cammino, del famoso cammino di Santiago di Compostela che ho percorso nel 2006. Alcuni dicono: il percorso che sto facendo, il percorso che stiamo facendo ma per me queste parole verranno superate, comprenderò il valore di “fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.“ la complessità del fare che emerge dalla facilità del dire. Nel mio caso faccio carico e scarico containers. Le Cose vengono e vanno, qualcuno le produce, qualcuno le compera, altri le spostano. Parto in  omaggio alla lettura di Moby Dick in gennaio. Forse sono partita qualche anno fa quando a Lanzarote “la sposa” l’ho messa in mezzo alla lava raffreddata senza alcuna strada segnata, ora così per me non sarà un cammino né un percorso, chi vedrà: dirà!

14 luglio 2017

A Casa.

In viaggio

Le sirene hanno cantato per me tra il luccichio dell’acqua e il riverbero di luce solare. In piedi sulla terrazza del ponte di comando della Vessel Florida, ho mangiato l’aria che mi veniva incontro. Era il vento infinito della finita Atmosfera, era lo sguardo sull’infinito della finita Terra, era la luce infinita del Sole.
Come una polena ero desiderosa di mettere tutto dentro di me. Non altro desiderio che essere lì, nessuna mancanza, nessuna distanza, il motore spingeva le Nave e me ad essere esattamente dove eravamo insieme: Uomini e cose. In piedi per ore a mangiare la luce e il vento. La luce la più variabile fra gli elementi per i miei occhi. Il vento l’artefice insieme ad altri della dinamica che c’è in tutto, assentarsi dal sé dall’io e convivere con gli elementi aperti grandi che gestiscono il tempo della natura e di tutte le storie dell’umanità.  Nel vivere quotidiano facciamo a pezzi, riduciamo tutti questi elementi a porzioni a noi accessibili per noi usufruibili. Le sirene cantano in silenzio se ti poni in ascolto non le dimentichi più. A volte cercavo lo sguardo dell’uomo al comando per condividere il sentito, ma lui teneramente giocava col telefonino, aveva tre gradi di sguardi, uno concentrato sullo schermo del telefonino, un’occhiata ai radar, un’occhiata all’infinito davanti a sé e così per ore. La grande nave Florida porta containers ero io, tutta la Nave il mio corpo con le sue memorie e costrizioni, il fatto e disfatto della mia vita nei porti veniva caricato e scaricato. Le sirene luccicano, luccicano i loro occhi e i fluenti capelli. Quella massa d’acqua che ondula sempre fa emergere tutti i miti, in ogni gobba di onda intravedo Tritone che passa in rassegna il suo bestiario. L’infinito spazio dell’Oceano, del Cielo, del Sole del Vento non poteva essere contenuto nel mio infinito piccolo corpo.

Il Cosmo mi ha presa di nuovo, ho sentito ne faccio parte appieno, ne è consapevole il mio “Esserci“ pacificato nell’incontro se non venisse distratto, spezzato abolito interrogato dagli eventi potenti dell’io, del sé e del super io. Tutta alla ricerca di me, non mi sarei persa se fossi rimasta nell’ascolto del mio corpo.

Intuito, dolore e gioia veniva comunicato, se qualcuno oltre me ne avesse fatto tesoro, preso in considerazione il lamento. Invece ognuno di questi si è chiuso in se stesso. Ho avuto la fortuna da bambina di averlo percepito e mai dimenticato. Ho sentito che valeva un viaggio complesso e completo per incontrare di nuovo quella magnifica condizione della cosmogonia. L’ho percepito sulla pelle, nel cuore, nello spirito, sono una donna cosmica, tanta materia tanta energia, non più non meno, e ora non me ne voglio discostare, meno attaccamenti meno distacchi, col fine di non trasformare l’amore in dolore. Ora l’ho navigato l’oceano e il cielo. Ora non torno alle chiacchiere ai discorsi ma al fare silenzio. Fare e silenzio sarà il mio motto il faro: il fare e il mare: il silenzio.

Quel silenzio è senza fattuale non immaginazione e a ciascuno il suo, per ora per me e pochissimi altri. È il viaggio che si fa, si compie nel farsi e quel che è entrato gira muovendo anche le altre corde che internamente attendono la luce.
Eccolo quel silenzio misterioso che mi ha portato la luce negli occhi, lo spazio nei polmoni, l’allegria nel fegato e il fluire del mondo nello stomaco. L’Io l’Es e il Super Io sono andati in vacanza, con tanto corpo pieno non si presentano, hanno quasi paura. Si sentivano forti perché la corporeità di Marzia non c’era, era ritratta lontana. L’ha fatta crescere la musica, l’oreficeria l’ha fatta crescere, il dolore l’ha fatta crescere. Il desiderio profondo di incontrarsi di nuovo l’ha fatta crescere. Il corpo di Marzia ha ripreso la sua centralità.

Avanti col cosmo che mi ha raggiunta prima che io fossi a tornare lassù nel cielo infinito con il dolore e la speranza dei distacchi. Ora sono tutta intera e felice di essermi ricongiunta. Non facciamoci bastare il racconto andiamo avanti in ogni dove perché sulla terra nulla è lontano irraggiungibile, ogni partenza non una reale partenza ma uno solo uno spostamento. Anche la musica un’invenzione del poeta, con tanta spiritualità è arrivato a spegnere il simbolo delle parole per trasformarle in suoni che abitano l’aria, la voce è una moltitudine di suoni, il suono è una moltitudine di onde che vengono percepite dalle nostre orecchie e non solo. Avanti silenzio fammi sentire come respiro, come gioisco, come vivo senza fare rumore. Il silenzio si può fare non si può dire.

simone